mac-musica-scuola

Il Mac, la musica, la scuola – intervista a MacWorld – Giugno 2004

scaricalo qui: jmp-intervista-macwolrd-giugno04

condizione-psicofisica-insegnanti

Questa pagina è indirizzata a Monna Agnese Landini, moglie di Messer Matteo Renzi, matteo@governo.it ;-)
Ma non sarebbe male leggessero questi materiali la signora ministra Stefania Giannini, il suo Capo di Gabinetto Alessandro Fusacchia, Anna Masera, in più ruoli,
 Alessandra Migliozzi, Capo Ufficio Stampa MIUR, Stefano Quintarelli, Deputato e Blogger, 
nonchè Marco Mancini, Direttore Dipartimento per l’Università, l’Afam e la Ricerca del MIUR e infine l’ineffabile Susanna Camusso.

Mila Spicola – autrice del libro “La scuola si è rotta” (Einaudi) ha lanciato una Petizione online per chiedere che gli insegnanti possano andare in pensione a 60 anni.
Al 9 aprile 2014 siamo oltre le 28.000 firme. Leggetene le motivazioni, naturalmente!

Pongo all’attenzione di tutti questo articolo  di Vittorio Lodolo D’Oria, forse il maggior esperto italiano di Burn-Out, il quale il 5 marzo 2014 ha indirizzato al Premier questo scritto:

SCUOLA/ Lodolo D’Oria: il vero nemico dei prof è la depressione, Renzi lo sa?

http://www.ilsussidiario.net/News/Educazione/2014/3/5/SCUOLA-Lodolo-D-Oria-il-vero-nemico-dei-prof-e-la-depressione-Renzi-lo-sa-/476040/

Ma la vera finalità di questa pagina è diffondere qualche studio del dott. Lodolo D’Oria,  che potete scaricare in .PDF e DIFFONDERE -
Nel nome della CONSAPEVOLEZZA che manca alla Categoria, figurarsi ai politici, e soprattutto ai soi disants “dirigenti”, …”la causa prima del disagio professionale degli insegnanti deriva dalla negligenza dei dirigenti scolastici”. – V. Lodolo D’Oria

Ecco tre fondamentali studii del dott. Lodolo D’Oria – pubblicati su Medicina del Lavoro:

Quale rischio di patologia psichiatrica per la categoria degli insegnanti

Inidoneità docenti e patologie che lo determinano

Stress e relative patologie negli insegnanti (inglese)

 docenti-report-miur-ocse-2004 MIUR – report progetto OCSE insegnanti 2002-04 – IMMAGINE E SALUTE DEGLI INSEGNANTI IN ITALIA: SITUAZIONI, PROBLEMI E PROPOSTE
Un rapporto molto importante ma naturalmente totalmente ignorato dal Ministro.

http://www.edscuola.it/archivio/psicologia/burnout.htm

 

 Il futuro di un Paese è nella sua Scuola: è questo che volete voi politici?

Insegnanti-pensione-60-anni-petizione

Insegnare, mestiere usurante…

Diffondete e firmate, per favore…
Siamo arrivati a 26.780 firme (alla date dell’8 aprile 2014) in pochi giorni…
http://www.change.org/it/petizioni/matteo-renzi-prepensioniamo-i-docenti-oltre-i-60-anni

Carissimi e carissime, 
vi invio questo messaggio per dirvi grazie. 
La petizione come vedete ha raggiunto numeri enormi. 
Però vi chiedo un piccolo sforzo: se ciascuno di voi invita e convince a firmarla altre dieci persone raggiungiamo un numero importante di firmatari.
Il punto è: la nostra non è un’esigenza di categoria e nemmeno una deroga alla legge Fornero. Non è un generico “prepensionamento”. 
E’ una proposta etica e civile: quella della qualità della scuola. 
Cioè assicurare ai ragazzi e alle ragazze italiani un corpo docente motivato, pieno di salute e che si rinnovi. 
Ovviamente ci sono molti di noi che rimarrebbero in classe fino ai 100 anni e con una voglia di fare da far tremare anche un ventenne. 
Ma quando così non è è un supplizio: per gli allievi prima che per il docente. Ecco perchè ho ribadito “su base volontaria”. 
Ed ecco perchè vorrei che si aprisse la via per una diversificazione della carriera dei docenti man mano che si proceda avanti negli anni, anche in virtù di esperienze e azioni, certificabili e obiettive. 
L’altro problema che affrontiamo con questa petizione è l’indice altissimo, angosciante di disoccupazione nel nostro paese. 
Un giovane su due non lavora, e nemmeno per i non tanto giovani va meglio. Il ministro Giannini ha detto giustamente che un sistema sano non ricorre a meccanismi di prepensionamento. 
Ma..alzi la mano chi lo crede: l’Italia in questo momento, col 43% di disoccupazione giovanile, è un sistema sano? Direi di no. 
Questo non vuol dire proporre la scuola come ammortizzatore sociale come si è verificato in anni passati. No. 
Vuol dire pretendere forze nuove e motivate ma che siano, come sono, formate da colleghi plurispecializzati, con alle spalle anni di servizio, concorsi, selezioni, dottorati, siss, tfa, master e chi più ne ha più ne metta. Salvaguardando dunque un turn over nel segno della qualificazione e del merito. 
Il nostro obiettivo e la nostra richiesta sono dunque nel verso di una esigenza primaria del Paese: una scuola moderna, efficiente e di qualità.
Dunque ripeto: per prima cosa, grazie a tutti voi. Secondo: invitiamo a firmare il maggior numero di contatti possibili.
Un saluto, 
Mila Spicola

“MATTEO RENZI: Prepensioniamo i docenti oltre i 60 anni?”. Change.org non gestisce il contenuto di questo messaggio.
http://www.change.org/it/petizioni/matteo-renzi-prepensioniamo-i-docenti-oltre-i-60-anni

Croce-sui-colleghi

La maggior parte dei professori hanno definifivamente corredato il loro cervello come una casa nella quale si conti di passare comodamente tutto il resto della vita da ogni minimo accenno di dubbio vi diventano nemici velenosissimi, presi da una folle paura di dover ripensare il già pensato e doversi mettere al lavoro.
Per salvare dalla morte le loro idee preferiscono consacrarsi, essi, alla morte dell’intelletto.

Benedetto Croce

Hillman-Lettera-insegnanti-italiani

http://www.edscuola.it/archivio/ped/hillman.htm

Lettera agli Insegnanti italiani
di James Hillman

I miei pensieri oggi si reggono su una distinzione fondamentale che specificherò in questa frase iniziale: l’insegnare e l’imparare non devono essere confusi con l’educazione e possono persino essere impediti dall’educazione. Inoltre, se questa distinzione è fondamentale, allora sarà precedente ai progetti per la riforma dell’educazione, alla certificazione degli insegnanti, alle missioni e e agli scopi dei programmi educativi, ai contenuti dei curricula, e ad altri dibattiti che impegnano cittadini ed esperti.

La distinzione può essere posta in termini semplici e pratici. Qualcosa quasi naturalmente vuole imparare, specialmente nell’infanzia. Come usare una sega, cucinare un uovo strapazzato, ricordare i versi di una canzone? Dove va il sole quando scende “giù”? e dove sono i pettirossi d’inverno, e perché le anatre non annegano come i polli.? Qualcosa dentro di noi vuole sapere dove, come, quando, che cosa. Porre domande è innato alla psiche umana. Un bambino fa domande agli insegnanti, ai genitori, agli amici, persino ai libri, per soddisfare la sete di apprendere, anche fino al punto di un comportamento ossessivo, ritualistico, dove “perché ?” si ammucchia su “perché?” su “perché ?”.

Possiamo imparare ponendo delle domande, ma impariamo ancora di più osservando, ascoltando, imitando, sperimentando e assorbendo sensualmente il mondo che ci circonda. Il bambino, come facciamo noi stessi, tiene un occhio all’esterno e un cuore aperto per il dove e il che cosa e specialmente il chi può soddisfare questo desiderio d’imparare.

In corrispondenza con questo desiderio d’imparare c’è un impulso a insegnare, egualmente innato. Qualcosa, di nuovo piuttosto naturalmente, vuole rispondere a una domanda, dimostrare, spiegare, correggere. ” Su dammi quello; lascia che ti mostri come si fa.” “Non tenere la sega così stretta. Lascia che siano i denti a fare il lavoro.” ” La pioggia? Ebbene, noi facciamo la pioggia nella nostra stanza da bagno: guarda come il vapore del bagno fa delle piccole goccioline sulla superficie fredda dello specchio.”

La relazione fra l’imparare e l’insegnare è animale, naturale, data, dotata di ubiquità; non è tanto il prodotto della civilizzazione e della cultura quanto la loro base. La cultura chiama questa relazione tradizione; la civilizzazione, educazione. Comunque diamo forma a questa relazione, l’insegnante e l’allievo, la guida e l’apprendista, l’esperienza e l’innocenza, il sapere e l’ignoranza, il pieno e il vuoto sono costituenti costanti della vita interiore dell’anima. In quanto tali, appartengono non solo ai primi anni o alle prime fasi dell’indagine. La ricerca di un insegnante, di un insegnamento e il desiderio d’insegnare continuano in modo importante nella tarda vita . Uno dei momenti più miserevoli della tarda vita è quello in cui l’impulso ad insegnare viene frustrato: nessuno vuole ciò che si può insegnare.

Fra questi due impulsi e la loro affinità l’uno per l’altro viene l’Educazione. Immaginate l’Insegnare e l’Imparare come un fratello e una sorella, un poco perduti nel bosco, come Hansel e Gretel nella fiaba, catturati dalla strega, l’Educazione, e sempre sul punto di essere divorati dall’insaziabile appetito di quella strega. L’intervento dell’Educazione sembra piuttosto ragionevole: mira a facilitare la serendipità (1) della relazione rimuovendo la casualità e controllando il contingente. Soprattutto l’educazione esteriorizza e sistematizza la relazione nella “scuola” (istituzioni educative). Tenta di mettere in contatto i giusti (qualificati) insegnanti con i giusti (selezionati) allievi. Così l’insegnare e l’imparare divengono personificati in classi di persone: quelli che possono e quelli che non possono; quelli che sanno e quelli che non sanno. La vocazione innata diventa una professione accreditata. Il potere inevitabilmente fa seguito alla divisione in classi, che minaccia l’insegnare e l’imparare con la paura dell’”altro”. Gli insegnanti temono i loro studenti; gli studenti i loro insegnanti, minacciando l’educazione stessa e conducendola a definire il suo ruolo non tanto come uno strumento di agevolazione, ma come un’autorità impositiva. In questo modo l’educazione separa l’insegnare e l’imparare. Pure la storia dell’autodidatta mostra che i due elementi potenziali nella natura umana sono funzioni complementari. Quanto ciascuno di noi ha imparato e ancora impara insegnando a se stesso da solo!

L’educazione richiede un intero esercito di amministratori, esperti, specialisti; divisioni in classi, unità, soggetti, discipline, dipartimenti; conseguimento di traguardi, gradi, prove, valutazioni; e naturalmente bilanci preventivi, supervisione, responsabilità misurabile. Pure l’educazione si suddivide in due specie: primaria e superiore, tecnica e classica, scienze ed arti; riparatrice ed avanzata. Il misterioso lavoro emotivo di insegnare e imparare viene cooptato nelle forme esteriori che mirano a farlo avvenire. In verità, l’insegnare e l’imparare scompaiono in vicoli laterali e in occasioni segrete. Dei lunghi anni trascorsi nella scuola quanti pochi episodi di illuminazione conservati nella memoria, quanti pochi momenti di insegnamento che hanno acceso un fuoco! Anche per gli insegnanti solo una manciata di studenti da tante classi realmente “connesse” restano ben presenti nella memoria.

Potrebbe sembrare che la distinzione che sto tracciando segua un vecchio spartiacque fra ciò che William James – che fu lui stesso molto interessato all’insegnamento (Conversazioni con gli insegnanti, 1899) – chiama le menti “dure” e quelle “tenere”. Questa divisione domina la teoria pedagogica come l’opposizione tra disciplina e libertà, tra il classico e il romantico, fra le nozioni del bambino come selvaggio e il vuoto bisognoso del battesimo e la disciplina o il bisogno innato assennato e creativo di opportunità ed espressione. Potrebbe sembrare che la mia enfasi sul desiderio istintivo di imparare e insegnare segua un lato di questo spartiacque, cioè il Romanticismo di Rousseau, Pestalozzi, Frobel, Montessori e Alice Miller, i quali tutti sottolineano l’elemento idiosincratico piuttosto che quello nomotetico, privilegiando l’individuale sulle necessità collettive della società.

Ma questa non è la mia intenzione. Io sfuggirei da questo spartiacque del tutto, perché la coppia insegnare-imparare, nonostante preceda l’educazione non può subire un’interpretazione letterale in un programma d’educazione. Io cerco di fuggire dalle ideologie che annunciano, o denunciano, programmi in ciascuna direzione: da una parte, modelli più duri di contatto intensificato fra insegnanti e studenti, o, dall’altra, una tenera educazione in classi collaborative e l’istruzione scolastica a casa. Se io optassi per un progetto diventerei un educatore, mentre sono solo uno psicologo. Cerco di descrivere ciò che giace nell’anima dell’educazione piuttosto che prescriverne la forma. Voglio solo che l’affinità innata fra l’insegnare e l’imparare, e l’idea di ciò come di un fatto primordiale, restino vive nell’anima.

L’educazione oggi assorbe il cinque per cento del prodotto mondiale nazionale lordo; l’educazione è la più grande industria del mondo. Enormi difficoltà stanno schiacciando le scuole nel mondo – l’enumerazione delle quali sta quasi schiacciando anche questa conferenza. Sebbene queste difficoltà appaiano nella psiche turbata di insegnanti e allievi, esse non sono radicate nell’insegnare e nell’imparare. Infatti l’immediatezza di quel rapporto è un porto sicuro, una salvezza dai problemi dell’educazione. Per la gioventù ci sono pochi rifugi, poche fughe dai problemi dell’educazione contro i quali c’è tanta ribellione, sia diretta – come il rifiuto della scuola, la violenza e i desaparecidos o scomparsi – sia indiretta, nei sintomi psicologici che ostacolano l’imparare, ad esempio “i disturbi dell’imparare”. Gli insegnanti, presi fra le richieste dell’educazione da una parte e la ribellione degli studenti dall’altra, sono in una posizione simile a quella di un medico verso il paziente, di un avvocato verso il cliente, di un giornalista verso la fonte, del prete verso il peccatore.

Sono obbligati dalla loro fedeltà alla loro coppia a stare con i loro studenti i cui sintomi rappresentano una resistenza a quel disordine generale dell’imparare chiamato “educazione”.

Immaginate! La psiche si ribella contro il vero imparare che una società guidata dall’economia insiste nel ritenere di primaria importanza. Devi ricevere un’educazione, avere un’educazione, perché allora sarai più vendibile, servendo l’economia e alzando il Pil. Ecco perché gli insegnanti sono risorse nazionali, fornire le loro prestazioni soddisfa le quote di produzione stabilite per loro! L’educazione come merce, come un investimento di capitale che serve alla competizione del libero mercato. E’ questo ciò a cui i sintomi dicono “no” ? E’ questo ciò che il rifiuto della scuola in definitiva significa?

Qualcosa si sta ammalando nel cuore dell’educazione; è malata nel cuore, e questo cuore non può essere ristabilito con semplici esercizi di base o con una nuova dieta dell’anima, né questo cuore può essere sostituito da una macchina ad alta tecnologia.

II

Possiamo osservare il cuore dell’insegnare in azione in tre esempi tratti dalle biografie di scrittori distinti. James Baldwin il romanziere e saggista americano, ricorda: ” un edificio scolastico… terribile, antico; scuro, cupo e a volte pauroso. In una classe di cinquanta bambini, per lo più neri, un’insegnante Orilla Miller – una giovane insegnante di scuola bianca, una donna bellissima… che amavo… in modo assoluto, dell’amore di un bambino”, riconobbe una qualità in questo bambino nero di dieci anni. “La giovane donna del Midwest era sorpresa dalla vivezza d’ingegno di questo bambino dei bassifondi”. Scoprirono un interesse comune in Dickens; lo leggevano entrambi ed erano ansiosi di scambiare opinioni. Anni più tardi, dopo essere diventato famoso, Baldwin scrisse alla sua vecchia insegnante, chiedendo una fotografia. “Ho tenuto il tuo volto nella mia mente per molti anni”.

Un altro resoconto; questo di Elias Kazan, lo straordinario regista cinematografico: “Quando avevo dodici anni ebbi un colpo di fortuna, l’incontro con la mia insegnante dell’ottavo grado, Miss Shank influenzò il corso della mia vita… Mi prese in simpatia… fu lei a dirmi che avevo dei begli occhi marroni. Venticinque anni più tardi, mi scrisse una lettera. ‘Quando avevi solo dodici anni’ scrisse ‘la luce cadeva dalla finestra attraverso la tua testa e la tua fisionomia e illuminava l’espressione del tuo volto. Pensai alle grandi possibilità che erano nel tuo sviluppo e …’. Miss Shank si avviò sollecitamente a sottrarmi alla tradizione della nostra gente riguardo al figlio maggiore e a indirizzarmi verso… le discipline classiche”.

Un terzo esmpio è quello di Truman Capote, un tipico “bambino difficile”, che faceva tutto quello che poteva per disturbare la classe e provocare i suoi insegnanti. Ma incontrò la simpatia della sua insegnante di scuola media, Miss Wood. Condividevano un interesse per Ibsen. Miss Wood invitò spesso il giovane Capote a cena, lo favoriva in classe e incoraggiava i suoi colleghi a fare altrettanto.

“Mi prese in simpatia” ha detto Kazan; ” Ho tenuto il tuo volto nella mia mente per molti anni”, ha detto Baldwin; Miss Wood invitava Capote a casa per mangiare insieme e gli forniva ciò che desiderava in classe. Miss Shank “mi disse che avevo dei begli occhi marroni”, ha detto Kazan. Queste schizzi ci dicono che c’è un modo di valutare indipendente dagli esami. L’insegnare vede con l’occhio del cuore. Noi non crediamo più in questa specie di visione: “…la luce cadeva dalla finestra attraverso la tua fisionomia e illuminava l’espressione del tuo volto”. Ma al giorno d’oggi, forse specialmente negli Stati Uniti, vediamo solo con l’occhio dei genitali. L’attrazione che ha appassionato questi allievi e questi maestri oggi sarebbe seduzione, manipolazione, persino abuso. Agli insegnanti è consentito di essere chiamati dalla bellezza; l’educazione permette che l’eros si risvegli?

Ma se dovesse risvegliarsi, allora l’eros non corromperebbe l’obiettività e l’eguaglianza?

Può darsi che proprio qui risieda la ragione più profonda dei computers all’interno dell’aula: essi sono completamente imparziali. Non c’è eros nel programma.

Niente eros neppure nell’accademia – una mancanza comune in istituzioni di istruzione superiore. I professori non ascoltano le lezioni degli altri, leggono i saggi degli altri. Borsisti e ricercatori non amano l’amministrazione; gli amministratori non amano i professori. Il personale è “di una classe più bassa”, persino al di sotto degli studenti. Gli studenti mettono in contatto i loro cuori affamati con la loro sete di conoscenza che sarà mandata via dalle vane preoccupazioni della facoltà, loro stesse in cerca di amore. La trappola sessuale diviene l’unico accesso all’eros nell’università.

Gli esempi di Baldwin, Capote e Kazan rivelano qualcosa di particolare riguardo all’eros dell’insegnare. Ciò che fece riunire le coppie, la reciproca attrazione, fu una visione comune. L’amore fiorì perché condividevano una fantasia. Per Baldwin e Miss Miller, Dickens; per Capote e Miss Wood, Ibsen e Undset; per Kazan, la visione di un futuro umanista. Essi percepirono la bellezza l’uno nell’altra e permisero la vicinanza. (Capote veniva a casa per cena; Miss Shank studiava il volto e gli occhi di Kazan; Miss Miller dava a Baldwin il suo tempo privato). Quando l’eros è represso cade in un’intimità clandestina. Pure impariamo attraverso la vicinanza – osservando le mani del maestro al lavoro, ascoltando le inflessioni vocali, contagiati dalla gioia del compito. Uno degli studenti di Socrate dice (Teagete 127 Bff): ” Ho fatto progressi ogni volta che ero insieme a te… e sono progredito più rapidamente e profondamente quando mi sono seduto vicino, accanto a te e ti ho toccato”. Mentre per l’educazione nello stesso passaggio (128B) Socrate dice: ” Non so niente di questo raffinato sapere dei Sofisti; io ho soltanto un piccolo corpo di sapere: la natura dell’amore (tà erotika)”.

E’ importante mantenere distinte nella mente le molte specie di eros. I filosofi della Chiesa potrebbero elencare una quarantina di specie di relazioni amorose, come i soldati in armi, i compagni in un viaggio, le suore in un ordine, il servo e il padrone, fratelli e sorelle, e naturalmente madri e figli, mariti e mogli. Ciò che in particolare il mentore divide con il suo o la sua protetta è un amore nato da una fantasia comune. La loro dedizione non è tanto per ciascuno come amanti quanto – in questi casi di scrittori – per la lingua inglese. I loro demoni sono in armonia, ciascuno aiuta l’altro a soddisfarsi. Insegnare e imparare sono necessari l’uno all’altro e, come Hansel e Gretel si salvano l’uno con l’altro. Così l’insegnante non è un genitore sostitutivo che procura allo studente i soldi per il pranzo e scarpe nuove. Miss Miller e Miss Wood e Miss Shank nutrivano le anime degli studenti e mettevano il fuoco nei loro spiriti.

III

Prima di concludere questo discorso rivolto agli insegnanti mi piacerebbe rendere più chiaro un pensiero. Nonostante il titolo di questo Convegno, la base dell’insegnamento nel Ventunesimo secolo non è diversa da quella di qualunque altro, anche se il contenuto e la forma dell’educazione subiscono le esigenze della storia. Il fatto che l’educazione presti il suo corpo alla piazza del mercato nella nostra epoca, non è diverso dalla sua prostituzione alla dottrina politica nell’era di Stalin e Hitler, o Mao e Pol Pot, o alla Chiesa nella Francia della Scolastica, o all’ortodossia musulmana nelle scuole del Medio Oriente. All’insegnamento si chiede sempre di sottomettersi senza protestare di fronte ai dogmi educativi: lo testimoniano il destino di Socrate, la persecuzione degli insegnanti irlandesi nelle scuole di trincea durante la dominazione inglese. A causa del potere degli istituti educativi, il vero imparare, analogamente alla psicanalisi, diventa sovversivo. L’imparare deve nascondersi all’interno dell’educazione come abbiamo visto nei tre piccoli bambini e nei loro insegnanti, dove una corrente erotica lega in modo sovversivo l’insegnante e lo studente. Marsilio Ficino, uno dei più autorevoli insegnanti d’Europa di sempre, si riferì a questo imparare nascosto e sovversivo come contro-educazione. Noi impariamo ciò che è ufficialmente insegnato, e re-impariamo il contrario o ciò che sta più profondamente nel suo interno, vedendo in esso e attraverso esso, decostruendo, diciamo, con il chiedere ulteriormente: “questo materiale, questo metodo, questa ipotesi che cosa significano per l’anima?”. La contro-educazione interiorizza e individualizza, come ha detto Ficino, le uniformità dell’educazione. Individualizzare l’educazione, cioè collocare l’imparare all’interno dell’anima di qualcuno, esige l’eros, non perché l’individualizzare favorisce uno studente a scapito di un altro, il cosiddetto “prediletto dell’insegnante”, ma perché l’eros incendia il particolare stile di desiderio di ogni persona.

Con “uniformità” mi riferisco a modelli di prove, misure di intelligenza, gradazioni attraverso livelli, libri di testo uniformi, divisioni del tempo, architettura delle aule scolastiche, ecc. L’idea autentica dell’uniformità educativa, dell’universalità stessa, è stata radicalmente sfidata teoricamente da Howard Gardiner, a Harvard, e molto tempo fa da Giambattista Vico a Napoli. Per Vico i veri universali dai quali potevano essere derivati i modelli sono i miti classici, che ha chiamato universali fantastici, cioè i tipi archetipici che governano l’immaginazione e dai quali dipende lo stesso pensiero. Questi universali mostrano come la natura umana immagina i suoi problemi, viene a contatto con essi, ed effettua scelte di valore. Essi offrono un modo di pensiero umanista o quella che può anche essere chiamata una base poetica della mente che è capace di superare il nichilismo etico dell’educazione contemporanea e l’ottusità estetica travestiti e rinforzati dal “metodo obiettivo”.

Così, seguendo Vico, la base archetipica della mente è un substrato sia di logica che di sogno, di scienza e di arte, di passato e di presente, di obiettività e di soggettività. Mentre Vico propone le molteplici persone e storie e valori dei miti nella loro immensa differenziazione, Gardiner mina l’uniformità dimostrando che l’imparare dev’essere molteplice perché l’intelligenza è molteplice. L’imparare e l’insegnare devono seguire una varietà di pensieri. Una dimensione non va bene a tutto. Anche la nozione di “misura” può essere liberata dalla sua angusta denotazione – significati matematici e statistici – per modi che tengono chi e perché e che cosa è stato misurato; per esempio, l’estetica, la narrativa, la morale o le capacità del corpo.

Ma ora sto andando oltre il mio semplice tema e sto trasgredendo nel campo delle idee educative, idee per rifondare l’educazione lungo linee che derivano da Vico e Gardiner, il che implica che il primo compito dell’educazione sarebbe di psicoanalizzare se stessa, di decostruirsi trovando i miti che suggeriscono i suoi programmi. Pure, qualunque cosa venga proposta da chiunque, dovunque, la techne e la praxis di tutti i programmi educativi, la realtà di ogni adempimento dipende dall’affinità naturale fra la coppia archetipica: l’Insegnante e lo Studente.

Nota

Dall’inglese serendipity. Lo scoprire qualcosa di inatteso e importante che non ha nulla a che fare con quanto ci si proponeva di trovare o con i presupposti teorici sui quali ci si basava. Il significato del termine trae origine dalla fiaba persiana I tre principi di Serendip, nella quale gli eroi protagonisti posseggono appunto il dono naturale di trovare cose di valore non cercate.

James Hillman, 2002

CMG – malinterpretata

“Cultura Musicale Generale”
una materia generalmente malinterpretata.
(3 ottobre 2006)

Un poco di storia e qualche prospettiva, secondo la mia visione:

La definizione – precisa – risponde alla necessità, tuttora presente, di fornire agli allievi strumenti di tipo “culturale” in una scuola che è sempre stata solo “professionale”, che ha quindi preparato esecutori magari ottimi (che finivano sovente ad insegnare) in genere, però, abissalmente ignoranti.
[detto per inciso, non è che la situazione sia migliorata se i test di ascolto effettuati al Conservatorio di Milano nel giugno 2004 hanno dato risultati scandalosi].

La necessità era ed è reale, l’idea buona e la dizione era conseguente, in quanto “Cultura Musicale Generale” rappresentava un ‘contenitore’ suscettibile di modalità e approfondimenti variabili, ma venne col tempo svilita in “armonia complementare” [considerazioni che l'attuale direttore ha perfettamente condiviso il 27 ottobre 2004 in una riunione dei colleghi della disciplina], tra l’altro, normalmente si parla da parte di taluni, di ‘armonia’ in un modo vaghissimo che riflette la pigrizia mentale del docente medio, oltre che i suoi limiti…

La maggior parte dei professori hanno definifivamente corredato il loro cervello come una casa nella quale si conti di passare comodamente tutto il resto della vita da ogni minimo accenno di dubbio vi diventano nemici velenosissimi, presi da una folle paura di dover ripensare il già pensato e doversi mettere al lavoro.
Per salvare dalla morte le loro idee preferiscono consacrarsi, essi, alla morte dell’intelletto.

Benedetto Croce

La materia è a tutt’oggi normata dal regio decreto n° 1945 del 1930 quando le necessità ‘culturali’ per un musicista medio erano molto ridotte rispetto a quelle odierne.
La materia è sempre stata considerata in maniera differente dai diversi insegnanti, chi la intendeva palestra di bassi (e oggi vorrebbe aggiungerci solo il ‘canto dato’ e magari una spruzzatina di contrappunto), chi palestra d’analisi (ma nel Conservatorio riformato l’analisi dovrebbe costituire una materia specifica) e chi la intendeva quasi una sinecura, come Dallapiccola…
La terza via – secondo me quella più produttiva nel contesto generale – dare tutte le basi necessarie per capire come funziona il linguaggio musicale – è quella rappresentata da insegnanti che intendono la materia nella sua intenzione originaria, dando largo spazio alla teoria, ad argomenti non trattati altrove e a collegamenti con altre discipline ed all’ascolto delle composizioni analizzate (possibilmente con diverse interpretazioni), come la intendo io, come testimoniano le ricerche qui allegate e lavorando con l’informatica e la Internet.

Le prospettive
Ora nuove prospettive si schiudono: ad esempio con un laboratorio d’informatica, ma nel quale si affronti l’uso ragionato delle nuove tecnologie da prospettive umanistiche, all’interno del nuovo concetto di “Informatica umanistico-musicale” – “Supporti multimediali per la didattica”.
Ricomporre i saperi [anche neo solo ambito pedagogico] vuole anche dire imparare ad armonizzare il tutto dinamicamente, perché la vita è tensione, conflitto, le espressioni vitali non sono mai risolte, se lo fossero sarebbe la morte.

Questa materia, nel curriculum degli studii, può essere formativa come poche, quindi la necessità che sia anche educativa, e aggiornata, – mentre nessuno nei Conservatori parla più di ‘pedagogia’ – hélas…

La “visione”, la “filosofia” del sito, ha come ‘bussole’ le seguenti citazioni:

Toledo – Chiostro del 1200, ed è anche il titolo di una composizione di Luigi Nono.
“Caminantes, no hai caminos, hai que caminar”

Luigi Dallapiccola – Conclusione di un intervento sull’insegnamento della composizione – (1949)
«L’insegnante, anziché occuparsi tanto della forma-sonata, cosa che teoricamente si può insegnare in mezz’ora, dovrà sorvegliare la cultura generale e quella musicale dell’alunno e cercare di indirizzarlo lentamente al più difficile passo della vita dell’artista:  al primo approccio con la delicatissima lettura del libro interiore»

Francesco Bacone – La Grande Instaurazione; Parte seconda, Novum Organum
[citato da Jacques Chailley e connotativo del “senso” di tutto il suo lavoro, e del mio]
“Infine, ciò che si deve raccomandare è ricordare più spesso è che la diligenza degli uomini in ogni indagine e in ogni raccolta di storia naturale dovrà d’ora in poi certamente mutare, per volgersi nella direzione contraria di quella seguita fin’ora.
L’operosità degli uomini, infatti, è stata mossa da una grande curiosità nel notare la varietà delle cose e nello spiegare accuratamente le differenze fra gli animali, le erbe e i fossili [...]
Cose di questo genere procurano certamente diletto e servono talvolta anche nella pratica, ma poco o nulla a penetrare nella natura.
Per questo si deve rivolgere tutta la nostra opera a ricercare e a rilevare le somiglianze e le analogie fra le cose, sia nella loro totalità che nelle loro parti.
Esse sono infatti ciò che unisce la natura e cominciano a costituire le scienze.”

Salvatore Sciarrino – da “Le figure della musica”
Sentiamo la necessità di strumenti critici che non possediamo, di nuovi collegamenti.
Sentiamo la necessità di un approccio diretto e globale alla musica, un approccio, se possibile, interdisciplinare.
A tale scopo dovremmo anzitutto sviluppare una duplice capacità: quella di collegare i fatti del pensiero moderno, fra loro e con i fatti della tradizione.

Naturalmente ci occorrono anche coraggio e apertura mentale, per abbandonare termini e schemi accademici, vecchi preconcetti ideologici, le piccole comode certezze degli intenditori. Certo, così qualcosa della tradizione andrà perso. Essa tornerà a noi con altro volto, in compenso ci sorprenderà il suo potenziale comunicativo, efficace anche fuori delle convenzioni abituali.
Qualche riflessione non marginale sul metodo d’analisi occorrente alla nostra ricerca.
[che è, nell’intima essenza, quello ‘baconiano’ di Jacques Chailley  - nota di jmp].

Non cominceremo dal particolare (come normalmente usano i musicisti per loro formazione); al contrario, cominceremo dagli aspetti generali e casomai avvicineremo in seguito i dettagli.
La musica è l’unica disciplina in cui non è stato finora adottato alcun metodo globale per l’apprendimento.
Ciò basta a spiegare l’isolamento e lo sradicamento culturale dei musicisti e del loro ambiente.
L’insegnamento della musica procede per somma di nozioni elementari e per somma di materie scolastiche non integrate fra loro.

Di conseguenza, la tecnica dei musicisti si limita alla conoscenza della grammatica musicale, ed è il livello più alto che essi possano raggiungere. Un livello comunque troppo lontano da qualsiasi problema costruttivo e di significato. Ecco perché, nell’accostarci alla musica, siamo tutti assetati di sintassi e di idee, cose dalle quali i musicisti si astengono per secolare condizionamento.

Oggi sappiamo che la nostra percezione procede dal generale al particolare. E dunque indispensabile che anche l’analisi musicale risulti coerente col funzionamento della mente umana. Non si tratta qui di istituire forzosi parallelismi: il fatto è che dalla somma dei particolari non si arriverà mai alla visione d’insieme.
D’altronde la visione d’insieme non può mancare. La sua assenza toglie significato a qualsiasi attività umana.
Anzi dobbiamo dire: la cultura stessa nasce dalla facoltà di generalizzare.

documentazione-ufficiale

Ecco quanto avevo scritto al Ministro e al Consiglio Accademico e ai colleghi del Conservatorio:

Cortesi colleghi,
mi sono sentito in dovere di tacere fino al termine dei lavori della “Commissione disciplinare” per non rischiare di interferire con la serenità ed obbiettività del suo lavoro.

Ieri, a scuola, molti colleghi mi abbracciavano e dicevano “Non abbiamo capito cosa sia successo, ma ti vogliamo bene” – eccomi a spiegarlo a tutti!

Quello che vi voglio dire io è che sono sinceramente molto dispiaciuto e profondamente amareggiato che il Conservatorio, senza però che io lo abbia
in alcun modo citato, sia stato coinvolto in questa storia da incubo, sulla quale ci sarà molto da riflettere.

Diciamo che quella ‘chat’ è stata, su argomenti delicatissimi e sensibili, una miscela esplosiva di provocazioni, fraintendimenti, insulti, affermazioni da spiegare, riferimenti a cose diverse equivocati, senza escludere gli stati d’animo dei partecipanti e le rispettive culture e psicologie, al mezzo digitale utilizzato, al di là dei contenuti, ma che lì avrebbe dovuto nascere e morire come succede normalmente ai cosiddetti ‘flame’. E’ stata utilizzata con un copincolla decontestualizzato e sparata in Rete da “fonte autorevole”.
Nella lettera ufficiale incollata sotto spiego il seguito.

La mia riflessione principale, ad oggi, è che spesso sono stato eccessivamente provocatorio (vedi alla voce Cattelan) e col carattere impulsivo che molti di voi conoscono, ma soprattutto poco vigile (proprio io 56enne che con Internet ci lavoro…).

Per fortuna Mediaset, con Domenica 5 del 3 ottobre (dove mi son già dato del ‘pirla’ da solo), mi ha offerto l’opportunità di di spiegare l’accaduto ad una vastissima platea, (mentre i giornali mi hanno messo in bocca, anche in virgolettati, cose MAI dette) e alla fine del mio intervento ho anche avuto l’oportunità di dichiarare che il
Conservatorio aprirà uno “sportello disabili” e che io mi offrirò come volontario. Disponibilità che avevo già dato al Presidente nel mentre mi informava di questa iniziativa.
Qui il link (necessario scaricare e installare apposito plugin)
<http://www.video.mediaset.it/video/domenica_5/full/184322/domenica-3-ottobre.html>

In attesa della doverosa ispezione ministeriale non mi sento di dire altro, se non di ripetervi il mio più profondo rammarico e incollarvi la lettera che ho fatto inviare dal mio avvocato, nel mentre vi prometto solennemente che d’ora in poi su Facebook mi limiterò a condividere musiche, filmati, e cosette divertenti…

Ecco la lettera preannunciata:

***
Si è rivolto al nostro studio il Maestro Joanne Maria Pini, che legge Cc, per vedere tutelata la propria immagine e onorabilità e per chiarire la propria posizione nei confronti del Conservatorio di Milano.
A tal fine il Maestro ha redatto la lettera il cui testo riportiamo qui di seguito, con preghiera di inoltrarla agli indirizzi di posta elettronica del Ministro Gelmini e del dott. Bruno Civello (indirizzi a noi sconosciuti).
Distinti saluti.
Avv. Francesco Laruffa

Al Presidente Arnoldo Mosca Mondadori
Al Direttore Bruno Zanolini
Al Consiglio Accademico

P.c.
al Ministro Gelmini
e al dott. Bruno Civello

Cari tutti,
mi spiace sinceramente per quello che è successo, ma è l¹esatto equivalente dello “sbattere il mostro in prima pagina” coinvolgendo anche il Conservatorio e, oltretutto, andando ad offendere in modo pesante persone che soffrono, in modo del tutto indipendente dalla mia volontà e dal mio pensiero autentico.

Innanzitto desidero porgere le mie più sentite scuse alle persone che si sono sentite giustamente offese nel loro dolore da parole che non sono state altro che una provocazione, senza dubbio di pessimo gusto, all¹interno di una discussione su Facebook (l’equivalente di quattro amici al bar), prima delle quali ero stato pesantemente insultato e aggredito per il solo fatto di aver espresso un dubbio ad una richiesta di firmare, in modo del tutto “automatico”, una nota avverso l’operato di un Assessore, senza una conoscenza esatta dell’accaduto.

Sono stato eccessivamente provocatorio? Certamente si. Ma quelle parole, nate dopo una serie di insulti e aggressioni, avrebbero dovuto avere una fine diversa: nascere e finire su quella bacheca.
Ho anche tentato di esprimere “cose serie” ma, nella velocità della situazione, assai malamente, prestando il fianco ad interpretazioni malevole.
Ho sbagliato: la sintesi l’ha fatta bene mia figlia ieri: “Papà, ti sei comportato da deficiente, proprio mentre dici a me di stare attenta ai social network…”.

Allego l’intera discussione perché ognuno dei destinatari di questa mia si renda conto da sé, sottolineando che, comunque, certe frasi andrebbero spiegate per comprendere esatamente cosa dico e quali siano i riferimenti.

La vera notizia, secondo me, è che un giornalista professionista – e per questo fatto ben consapevole delle conseguenze – mi abbia sottoposto ad un vero e proprio linciaggio (esponendomi anche a violente minacce e insulti) senza prima avermi chiesto “Scusi maestro, ma ho capito bene? dice sul serio? Scherza? Mi specifica meglio il suo pensiero? Cosa intende esattamente quando qui scrive che…”

No, il giornalista in questione, ben consapevole del mezzo che sta utilizzando, ossia la Rete, che diffonde e rilancia qualsiasi cosa, senza alcuna verifica, e alla velocità della luce, all’interno della “Società dello Spettacolo”, ricontestualizza e monta con un copia-incolla nel suo Blog le mie parole, dopo avermi attaccato sul piano personale, dopo aver cercato in rete che lavoro faccio, dove insegno, per chiedere di inviare al mio direttore e al ministro la richiesta di mie dimissioni.

Un feroce ed ingiusto attacco personale nel quale ha coinvolto la mia Istituzione: da notare che io avevo detto solo di essere “un insegnante”, senza aggiungere altro: non avevo certo parlato da docente del Conservatorio di Milano.

Il giornalista in questione è andato a “verificare” chi fossi.

Qualcuno ha chiesto di cancellare la pagina che mi riguarda di Wikipedia e ha infine posto sotto i riflettori il glorioso e antico Conservatorio Verdi di Milano, che nulla c’entrava.

A tal punto siamo arrivati in questo paese? Ossia che quattro chiacchiere al bar vengano utilizzate in questo modo? Altra cosa sarebbe stata se io mi fossi espresso in una sede ufficiale, e magari a nome del Conservatorio.
Mentre, lo ribadisco, erano quatto chiacchiere sbagliate ed esageratamente provocatorie all’interno di una situazione “privata”.

Sono davvero angosciato e rattristato, sconcertato ma anche molto, molto arrabbiato!

Ben venga quindi l’ispezione disposta dal Ministro, la quale sono certo ci darà la possibilità di chiarire tutto.

Da ultimo, ho due colleghi di materia disabili, che sono certo potranno “testimoniare” a mio favore. Sono certo che saranno così leali da dire la loro, in maniera ufficiale e pubblica, non solo sul mio operato, ma su come il Conservatorio tratta i disabili e cosa fa per loro.

Così come spero che l’Istituzione nella quale ho l’onore di prestare servizio e le persone che mi conoscono da una vita intera, possano comprendere quantomeno la mia buona fede e quanto fosse lontana dalle mie intenzione anche solo l’idea di offendere persone sofferenti e scalfire minimamente l’immagine del prestigioso Conservatorio di Milano.

Nel rinnovare le mie scuse e nel ringraziarVi per l’attenzione, Vi saluto cordialmente.

Joanne Maria Pini
***

Al momento,  non ho purtroppo sottomano la Relazione della Commissione disciplinarenaturalmente positiva nei miei confronti – così come la Comunicazione ufficiale da parte del Dott. Civello che “chiudeva” l’incubo orrendo, dopo che l’ineffabile e mai dimenticata ministra Gelmini si era resa conto della Verità, nel porre il silenziatore alle sue baldanze iniziali. Scaricatela! jmp-commissione-disciplina-ufficiale
Appena possibile, pubblicherò in Rete una documentazione completa, e comprensiva anche delle “Interrogazioni Parlamentari” che mi son “beccato”, da parte di chi temeva solo di perdere voti personali…
Intanto, poi, in Depressione ci sono finito io, ma il lato positivo è stata una svolta totale nella mia Vita, come anche di aver verificato quali siano gli Amici Veri e Sinceri, che ho avuto accanto con commovente partecipazione alle mie vicende.

Dall’Italia, potendolo, non si può che scappare…

chi sono

“Le novità si ottengono arrangiando in maniera inedita le cose del passato”
Jacques Monod

«Il futuro ha un cuore antico, e avviare un nuovo rapporto culturale col remoto passato
salda una nuova unità spirituale fra noi e i popoli scomparsi che, come astri spenti,
continuano a irradiare il lucente messaggio che giunge sino a noi.
A essi mancò il dovuto riconoscimento di essere stati alle origini operanti
sugli avvenimenti dei nostri destini».
Giovanni Semerano

Per un musicista il solo concetto di “professionalità” [ossia l'essere utili ad un "sistema"] non è soltanto limitante, ma anche fuorviante, se solo lo si confrontasse col significato – consueto ede antico anche per un musicista – di Maestria, che contiene radici profonde di consapevolezza e di identità, ma anche di Maestria, in senso tradizionale, nei confronti del proprio Essere e della propria Anima, oltre lo specifico tecnico.

Per questo desidero mettere a disposizione di chi li voglia e sappia cogliere strumenti di consapevolezza, e di porre, di questi, semi nella grande Rete, perché possano radicare su terreni fertili, oltre l’hortus conclusus del mio lavoro.

Chi desiderasse leggere il mio curriculum [non troppo aggiornato, a dire il vero...], lo può leggere al vecchio sito, qui.

Quando insegni, insegna allo stesso tempo a dubitare di ciò che insegni.
(Ortega y Gasset)

Joanne Maria Pini – chi sono – 31 ottobre 2006.

Note sulla mia specifica attività – settembre 2012

jmp – Curriculum “mirato”

Note in merito alla mia specifica attività:
Ho ottenuto la Maturità Classica, ho frequentato Lettere Moderne per due anni, ma non ce l’ho fatta a proseguire, dovendo lavorare per mantenermi, parallelamente agli studii in Conservatorio, dove ho conseguito il Diploma di Composizione, di Strumentazione per Banda e quello di  Composizione Musicale Elettronica, sotto la guida di quello che considero il mio vero Maestro, Angelo Paccagnini, e frequentando per la parte pratica il mitico Studio di Fonologia della RAI (fondato da Maderna, Nono e Berio): da quegli anni proviene l’interesse e rapporto delle Scienze Umanistiche con le Tecnologie, utilizzate sempre consapevolmente e criticamente.
Dal 1990 l’interesse per l’Informatica, dal 1999 per la Internet, tanto che ho fatto parte del gruppo “no1984.org” e poi tra i Soci fondatori del Partito Pirata Italiano, il secondo dopo quello svedese.
Nel 2006 ho usufruito di un Anno Sabbatico, durante il quale ho affrontato lo specifico dell’Informatica Umanistica, la cui sintesi si trova all’indirizzo:
http://www.initlabor.net/cantiere/jmp-ium.html
Nel 2008 e 2009 sono stato Responsabile per le Tecnologie digitali del Conservatorio di Milano, e ho avuto l’onore di esser chiamato a far parte del Comitato di Programma di un Convegno del GARR – http://www.garr.it/
GARR è la rete telematica italiana dell’Università e della Ricerca ed il suo principale obiettivo è quello di fornire connettività ad altissime prestazioni e servizi avanzati alla comunità scientifica ed accademica italiana. La rete GARR è ideata e gestita dal Consortium GARR, un’associazione senza fini di lucro fondata con il patrocinio del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.
http://www.garr.it/eventiGARR/conf09/comitati.html
Network Humanitatis – Linguaggi, risorse, persone
30 settembre – 02 ottobre 2009
Università degli Studi di Napoli Federico II Complesso Universitario di Monte Sant’Angelo via Cinthia 26, Napoli
(CONDIVISIONE DEI CONTENUTI – Sessione 2 – Moderatore: Joanne Maria Pini)
Linguaggi
La rete con i suoi servizi sempre più numerosi ed avanzati rappresenta una piattaforma non solo per l’innovazione tecnologica, ma anche per esprimere molteplici linguaggi, per studiare, lavorare, comunicare e collaborare con il vicino come con il resto del mondo.
Risorse
La conferenza vuole dare voce all’esperienza delle varie comunità di utenti provenienti da ogni disciplina e mostrare gli usi innovativi che esse fanno della rete. Si parlerà di digitalizzazione ed accesso ad archivi e contenuti, e-learning, web-TV e radio, editoria digitale, visual communication applications, VoIP, telemedicina, mobilità, distributed computing.
Persone
L’utente non è più un semplice “ascoltatore” o “consultatore”, ma di volta in volta fruitore e autore di contenuti attraverso tutte le possibilità offerte dalla multimedialità e dall’interattività. Si parlerà del social networking e del suo impatto nel mondo della ricerca e della didattica, delle tecnologie e delle politiche di accesso alle informazioni in rete.
Comitato di programma:
Claudio Allocchio (GARR) – Giuseppe Barbieri (Università degli Studi di Venezia Ca’ Foscari) – Rosalba Belibani (Università degli Studi di Roma La Sapienza) – Laura Leone (GARR) – Marco Marletta (GARR) – Leonardo Merola (Università degli Studi di Napoli Federico II – INFN) – Laura Moltedo (CNR) – Francesco Palmieri (Università degli Studi di Napoli Federico II) – Gabriella Paolini (GARR) – Joanne Maria Pini (Conservatorio di Musica “G. Verdi” di Milano) – Mario Reale (GARR) – Federica Tanlongo (GARR) – Sabrina Tomassini (GARR)

Sono stato proposto e accettato come Socio di ISOC Italia
http://www.isoc.it/elenco-soci-isoc-italia-2012.html
Missione
Società Internet – ISOC Italia è una associazione senza fini di lucro le cui ragioni sociali sono:
1. Condividere ed osservare i principi della Internet Society e perseguirne la missione e gli scopi.
2. Agire principalmente nell’ambito italiano al fine di promuovere la conoscenza, l’uso e lo sviluppo tecnologico, culturale, sociale ed economico di Internet.
3. Collaborare con le altre sezioni della Internet Society nel perseguire gli scopi comuni e in particolare con le sezioni europee nell’ambito del processo di integrazione europea.
4. Difendere il diritto di accesso a Internet di ogni persona, associazione, o entità sociale opponendosi ad ogni forma di discriminazione all’uso e nella gestione di Internet.
5. Farsi portavoce degli interessi e delle esigenze degli utenti italiani di Internet presso la comunità Internet internazionale e promuovere l’uso della lingua Italiana in Internet.
6. Favorire e aiutare la partecipazione di esperti italiani al processo di sviluppo dei protocolli e degli standard di Internet, secondo le forme e le modalità consensualmente decise dalla comunità Internet internazionale.
7. Agire affinché istituzioni pubbliche, società private e ogni altra entità o organizzazione italiana o della Comunità Europea rispettino e  favoriscano l’autonomia e l’autogoverno della comunità Internet.

In questa fase della mia vita, la mia “missione” è “trasmettere” e “aprire le menti”. Non è superbia, ma “Consapevolezza”.
____________________________
jmp – Curriculum “altro”:

Sono nato nella Natura – Madre e Medicina – in Valsolda, Lago di Lugano, il 4 dicembre 1953 – sotto il segno del Sagittario, che è come dire Conoscenza e Giustizia.
Sono sempre stato un ‘curioso’ e ho sempre smontato i giocattoli per vedere come funzionavano; non ho ancora smesso, anche se gli ‘oggetti’ della mia attenzione sono via via cambiati.
Sono ora in quella fase della Vita nella quale si deve “preparare la propria Morte” – con il “distacco” e l’attitudine mentale di un Sannyasin.
In Conservatorio ho sempre avuto come fine il bene degli Studenti, e la cosa non è così scontata.
Dalla Primavera 2011 ho cominciato a studiare sistematicamente le cose della Psicologia e dell’Anima, Jung, Hillman, Risè e ripresi i miei antichi studi in tema di Esoterismo, che significa anche andare alle “Radici ultime” delle cose…

Se qualche ‘curioso’ digiterà il mio nome in Google, assieme a “Rupe Tarpea”, si imbatterà in una orribile e paradossale vicenda, una vera e propria trappola, nella quale mie parole sono state del tutto travisate da un pennivendolo dalla poca deontologia professionale, ad essere generosi, e il risultato è stato equivalente allo “Sbatti il mostro in prima pagina” – ma che in fondo mi ha mandato la Provvidenza per darmi la forza di togliere dalla mia vita tutte le cose che non andavano.
Prima o poi penso che ci scriverò un libro, per quanto può insegnare, qui qualche documentazione ufficiale in merito.
Ora sto costruendomi una vita tutta nuova…

Qui potete trovare un mio vecchio curriculum – che linko perchè redatto come ‘Esercizio in stile internettiano’
http://digilander.libero.it/initlabor/jmp-initlabor2003-presentazione/jmp-curriculum-txt.html

Qui “initlabor perchè” – maggio 2006

 

Anno Accademico 2013-2014

Attenzione!

Comunico che per l’Anno Accademico 2012-2012 le lezioni si terranno solo il Giovedì, dalle ore 13.30 alle 19.30  – Aula 114. Debiti formativi per gli alunni di TDS.

SEMPRE CHE IO NON SIA RIUSCITO A SCAPPARE IN PATAGONIA ;-)

Il Programma del Corso prevede lo studio approfondito e aggiornato alle Conoscenze odierne della Teoria Musicale, lo studio e  l’utilizzo dei mezzi dell‘Informatica Umanistico Musicale mediante la realizzazione di Tesi e Tesine, nonchè il Tutoraggio Tesi di alunni frequentanti altre Classi.

A breve elenco definitivo dei Libri di Testo.
Un primo elenco è qui: http://www.initlabor.it/libri-adottati/

initlabor-perché

initlabor: perché

6 maggio 2006

“La cultura: ribelle, ingestibile”:
è Zygmunt Bauman che così titola un capitolo del suo “Vita liquida”, e non può essere che così.
Ma quale cultura? Quella ufficiale? Quella accademica?
No, la Cultura ‘vera’, quella che è fatto personale e fatto collettivo, che crea una comunità e un linguaggio, quella che è la metabolizzazione, sulla propria base genetica, di quello che si apprende. E che non è solo erudizione: la Conoscenza è altra cosa.
Esiste, da sempre, una cultura ‘altra’, parallela, che si sostanzia con le verità ultime, con quella che sovente è definita ‘eresia’ [quante persone al rogo, un tempo? quante marginalizzate oggi, nell'epoca del soft-power?] e che prende le mosse da un inesausto desiderio di Conoscenza. Che non può essere anch’essa che ribelle al politicamente corretto.
La Conoscenza è un fatto strettamente personale, non la si può comunicare, spesso ha come compagno l’inconoscibile e l’ineffabile. Cose solitamente occultate dalla mentalità ‘moderna’.
Compagna della Conoscenza è la Sapienza (e il Sacro che tratteremo in apposite pagine).

Mentre scrivo queste righe, mio padre sta morendo.
Anche lui, come tutti, era impastato di splendore e miseria, e le riflessioni consuete diventano più ‘vive’, quelle sul senso della vita, quindi anche della propria opera, del proprio dovere. E-learning? E cos’è? Ma andiamo: vogliamo proprio occuparci della versione tecnologicamente aggiornata delle vecchie – e classiste – “scuole per corrispondenza”?
Meglio occuparsi di Musica e riti, di musica e morte, e del silenzio!
Lettera di Mozart al padre:

“Poiché la morte (a ben guardare) è l’ultimo vero fin della nostra vita, da qualche tempo sono entrato in tanta familiarità con quest’amica sincera e carissima dell’uomo, che la sua immagine non solo non ha per me più nulla di terrificante, ma mi appare addirittura molto tranquillizzante e consolante!
E ringrazio il mio Dio di avermi concesso la fortuna di avere l’opportunità (lei mi capisce!) di riconoscere in essa la chiave della nostra vera felicità. Non vado mai a letto senza pensare che (per quanto giovane io sia) l’indomani forse non ci sarò più.
Eppure nessuno fra tutti coloro che mi conoscono potrà dire che in compagnia io sia triste o di cattivo umore. E di questa fortuna ringrazio ogni giorno il mio creatore e l’auguro di tutto cuore ad ognuno dei miei simili. W.A.Mozart – Vienna 4 aprile 1787

Quale è il mio ‘dovere’, in questo punto della mia vita?
La convinzione che ora il mio compito sia di “Radunare ciò ch’è sparso“, e con questo di tramandare, di spargere semi affinché trovino terreno fertile, germinino, crescano e producano a loro volta frutti.
In questo la Rete è un validissimo strumento, e a costo zero, se non quello della dedizione e del lavoro necessario: non costi editoriali, censure, ‘mercato’ e quanto altro.
Nella libertà, naturalmente, insostituibile compagna e della cultura e della conoscenza.
Quale il metodo della Conoscenza?

“Infine, ciò che si deve raccomandare è ricordare più spesso è che la diligenza degli uomini in ogni indagine e in ogni raccolta di storia naturale dovrà d’ora in poi certamente mutare, per volgersi nella direzione contraria di quella seguita finora. L’operosità degli uomini, infatti, è stata mossa da una grande curiosità nel notare la varietà delle cose e nello spiegare accuratamente le differenze fra gli animali, le erbe e i fossili [...] Cose di questo genere procurano certamente diletto e servono talvolta anche nella pratica, ma poco o nulla a penetrare nella natura. Per questo si deve rivolgere tutta la nostra opera a ricercare e a rilevare le somiglianze e le analogie fra le cose, sia nella loro totalità che nelle loro parti. Esse sono infatti ciò che unisce la natura e cominciano a costituire le scienze.”
[Francesco Bacone – La Grande Instaurazione;
Parte seconda, Novum Organum - citato da Chailley]

Far crescere la piantina di “initlabor”, nata qualche anno fa, farla fruttificare, farla diventare una sorta di ‘centro d’unione’, nella quale radunare questa cultura “sparpagliata” nel tempo e nello spazio, e da lì irraggiarla. In una parola: Ricomporre saperi
La scuola oggi
La scuola, e non da oggi, alleva solo “animali” utili al sistema: in questo si è giunti, nell’epoca del “pensiero unico economico” – pensiero “debole” -  a livelli impensati.

“Eric Fromm, profondo conoscitore dell’animo umano, sosteneva che ogni società, per sopravvivere, cerca di imporre a tutti i suoi membri il più alto grado di conformismo possibile, operando attraverso il sistema scolastico, gli apparati economici e produttivi e le istituzioni culturali, sociali e religiose.
Tutto ciò, se da un lato può garantire la sopravvivenza della società, dall’altro finisce inevitabilmente col limitarne la capacità creativa e lo sviluppo.
Queste due ultime condizioni dipendono, infatti, in larga misura dalla presenza di quegli “anticorpi” che sono caratteristici dell’azione di individui non-conformisti, ossia di tutti coloro che non intendono – per un motivo o per un altro – essere omologati e che rifiutano di muoversi come pecore all’interno del gregge”.
[Elio Biancato].

«…L’insegnamento meccanico e specializzato che lo studente riceve è così profondamente degradato (rispetto al vecchio livello della cultura generale borghese) […] perché le forze dominanti, cioè il sistema economico, esigono una fabbricazione massiccia di studenti incolti e incapaci di pensare (e di giullari che divertano e allietino – ben integrati in quella che è ‘Società dello spettacolo” – ndr).
Che l’università sia diventata un’organizzazione – istituzionale – dell’ignoranza, che la cosiddetta “alta cultura” si vada decomponendo al ritmo della produzione in serie dei professori, che tutti questi professori siano degli imbecilli […] lo studente lo ignora e continua ad ascoltare rispettosamente i suoi maestri, con la volontà cosciente di perdere ogni spirito critico per meglio piombare nell’illusione mistica di essere diventato uno “studente”, uno che si dedica con serietà a farsi un’istruzione con la speranza che gli saranno rivelate le volontà supreme.
[Della miseria dell’ambiente studentesco – Strasburgo – 1966 - l'avvio del '68 !!!]
Nella ‘società liquida’ scorgo finalmente germi di consapevolezza (e quindi di rigetto) di una modernità che ha reificato e parcellizzato ogni cosa, nel mentre perde di vista la totalità dell’Uomo.
Negli studi del musicista, nel momento delicato della formazione, non esiste un luogo ove si possano ricomporre saperi separati, noi ci proviamo.
Inoltre certi materiali girano solo tra i musicologi, a formazione avvenuta, “roba” da specialisti, insomma, mentre certe coordinate dovrebbero guidarlo sin dai primi passi: ne deriva una vera e propria necessità di “controeducare”, al fine anche di produrre necessaria consapevolezza.
Peraltro, nella “società liquida”, nella Società dello spettacolo, apprendere un metodo e non solo sterili nozioni, diventa una necessità per la sopravvivenza.

Infine:

«Je déteste deux choses: l’analyse, et le pouvoir».
[Sviatoslav Richter]
«Caminantes, no hai caminos, hai que caminar»
[Chiostro del 1200]
«Fa’ ciò che devi, accada ciò che può»
[precetto della Tradizione]

Joanne Maria Pini – initlabor perchè – maggio 2006

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