CMG – malinterpretata

“Cultura Musicale Generale”
una materia generalmente malinterpretata.
(3 ottobre 2006)

Un poco di storia e qualche prospettiva, secondo la mia visione:

La definizione – precisa – risponde alla necessità, tuttora presente, di fornire agli allievi strumenti di tipo “culturale” in una scuola che è sempre stata solo “professionale”, che ha quindi preparato esecutori magari ottimi (che finivano sovente ad insegnare) in genere, però, abissalmente ignoranti.
[detto per inciso, non è che la situazione sia migliorata se i test di ascolto effettuati al Conservatorio di Milano nel giugno 2004 hanno dato risultati scandalosi].

La necessità era ed è reale, l’idea buona e la dizione era conseguente, in quanto “Cultura Musicale Generale” rappresentava un ‘contenitore’ suscettibile di modalità e approfondimenti variabili, ma venne col tempo svilita in “armonia complementare” [considerazioni che l'attuale direttore ha perfettamente condiviso il 27 ottobre 2004 in una riunione dei colleghi della disciplina], tra l’altro, normalmente si parla da parte di taluni, di ‘armonia’ in un modo vaghissimo che riflette la pigrizia mentale del docente medio, oltre che i suoi limiti…

La maggior parte dei professori hanno definifivamente corredato il loro cervello come una casa nella quale si conti di passare comodamente tutto il resto della vita da ogni minimo accenno di dubbio vi diventano nemici velenosissimi, presi da una folle paura di dover ripensare il già pensato e doversi mettere al lavoro.
Per salvare dalla morte le loro idee preferiscono consacrarsi, essi, alla morte dell’intelletto.

Benedetto Croce

La materia è a tutt’oggi normata dal regio decreto n° 1945 del 1930 quando le necessità ‘culturali’ per un musicista medio erano molto ridotte rispetto a quelle odierne.
La materia è sempre stata considerata in maniera differente dai diversi insegnanti, chi la intendeva palestra di bassi (e oggi vorrebbe aggiungerci solo il ‘canto dato’ e magari una spruzzatina di contrappunto), chi palestra d’analisi (ma nel Conservatorio riformato l’analisi dovrebbe costituire una materia specifica) e chi la intendeva quasi una sinecura, come Dallapiccola…
La terza via – secondo me quella più produttiva nel contesto generale – dare tutte le basi necessarie per capire come funziona il linguaggio musicale – è quella rappresentata da insegnanti che intendono la materia nella sua intenzione originaria, dando largo spazio alla teoria, ad argomenti non trattati altrove e a collegamenti con altre discipline ed all’ascolto delle composizioni analizzate (possibilmente con diverse interpretazioni), come la intendo io, come testimoniano le ricerche qui allegate e lavorando con l’informatica e la Internet.

Le prospettive
Ora nuove prospettive si schiudono: ad esempio con un laboratorio d’informatica, ma nel quale si affronti l’uso ragionato delle nuove tecnologie da prospettive umanistiche, all’interno del nuovo concetto di “Informatica umanistico-musicale” – “Supporti multimediali per la didattica”.
Ricomporre i saperi [anche neo solo ambito pedagogico] vuole anche dire imparare ad armonizzare il tutto dinamicamente, perché la vita è tensione, conflitto, le espressioni vitali non sono mai risolte, se lo fossero sarebbe la morte.

Questa materia, nel curriculum degli studii, può essere formativa come poche, quindi la necessità che sia anche educativa, e aggiornata, – mentre nessuno nei Conservatori parla più di ‘pedagogia’ – hélas…

La “visione”, la “filosofia” del sito, ha come ‘bussole’ le seguenti citazioni:

Toledo – Chiostro del 1200, ed è anche il titolo di una composizione di Luigi Nono.
“Caminantes, no hai caminos, hai que caminar”

Luigi Dallapiccola – Conclusione di un intervento sull’insegnamento della composizione – (1949)
«L’insegnante, anziché occuparsi tanto della forma-sonata, cosa che teoricamente si può insegnare in mezz’ora, dovrà sorvegliare la cultura generale e quella musicale dell’alunno e cercare di indirizzarlo lentamente al più difficile passo della vita dell’artista:  al primo approccio con la delicatissima lettura del libro interiore»

Francesco Bacone – La Grande Instaurazione; Parte seconda, Novum Organum
[citato da Jacques Chailley e connotativo del “senso” di tutto il suo lavoro, e del mio]
“Infine, ciò che si deve raccomandare è ricordare più spesso è che la diligenza degli uomini in ogni indagine e in ogni raccolta di storia naturale dovrà d’ora in poi certamente mutare, per volgersi nella direzione contraria di quella seguita fin’ora.
L’operosità degli uomini, infatti, è stata mossa da una grande curiosità nel notare la varietà delle cose e nello spiegare accuratamente le differenze fra gli animali, le erbe e i fossili [...]
Cose di questo genere procurano certamente diletto e servono talvolta anche nella pratica, ma poco o nulla a penetrare nella natura.
Per questo si deve rivolgere tutta la nostra opera a ricercare e a rilevare le somiglianze e le analogie fra le cose, sia nella loro totalità che nelle loro parti.
Esse sono infatti ciò che unisce la natura e cominciano a costituire le scienze.”

Salvatore Sciarrino – da “Le figure della musica”
Sentiamo la necessità di strumenti critici che non possediamo, di nuovi collegamenti.
Sentiamo la necessità di un approccio diretto e globale alla musica, un approccio, se possibile, interdisciplinare.
A tale scopo dovremmo anzitutto sviluppare una duplice capacità: quella di collegare i fatti del pensiero moderno, fra loro e con i fatti della tradizione.

Naturalmente ci occorrono anche coraggio e apertura mentale, per abbandonare termini e schemi accademici, vecchi preconcetti ideologici, le piccole comode certezze degli intenditori. Certo, così qualcosa della tradizione andrà perso. Essa tornerà a noi con altro volto, in compenso ci sorprenderà il suo potenziale comunicativo, efficace anche fuori delle convenzioni abituali.
Qualche riflessione non marginale sul metodo d’analisi occorrente alla nostra ricerca.
[che è, nell’intima essenza, quello ‘baconiano’ di Jacques Chailley  - nota di jmp].

Non cominceremo dal particolare (come normalmente usano i musicisti per loro formazione); al contrario, cominceremo dagli aspetti generali e casomai avvicineremo in seguito i dettagli.
La musica è l’unica disciplina in cui non è stato finora adottato alcun metodo globale per l’apprendimento.
Ciò basta a spiegare l’isolamento e lo sradicamento culturale dei musicisti e del loro ambiente.
L’insegnamento della musica procede per somma di nozioni elementari e per somma di materie scolastiche non integrate fra loro.

Di conseguenza, la tecnica dei musicisti si limita alla conoscenza della grammatica musicale, ed è il livello più alto che essi possano raggiungere. Un livello comunque troppo lontano da qualsiasi problema costruttivo e di significato. Ecco perché, nell’accostarci alla musica, siamo tutti assetati di sintassi e di idee, cose dalle quali i musicisti si astengono per secolare condizionamento.

Oggi sappiamo che la nostra percezione procede dal generale al particolare. E dunque indispensabile che anche l’analisi musicale risulti coerente col funzionamento della mente umana. Non si tratta qui di istituire forzosi parallelismi: il fatto è che dalla somma dei particolari non si arriverà mai alla visione d’insieme.
D’altronde la visione d’insieme non può mancare. La sua assenza toglie significato a qualsiasi attività umana.
Anzi dobbiamo dire: la cultura stessa nasce dalla facoltà di generalizzare.

Torna in altoTorna in alto
home