di cosa stiamo parlando
Una definizione univoca, precisa ed esaustiva di Informatica Umanistica non può esistere – se non in una forma molto semplice e generale, come nella Wikipedia – http://it.wikipedia.org/wiki/Informatica_umanistica:
“L’Informatica umanistica, in inglese Humanities Computing o Digital Humanities, è un campo di studi, ricerca, insegnamento che nasce dall’unione di discipline umanistiche e informatiche. Comprende ricerca, analisi e divulgazione della conoscenza attraverso i media informatici. Oltre ad avere una solida formazione umanistica, chi studia Informatica Umanistica sa trattare contenuti culturali con gli strumenti informatici appropriati.
Data la caratteristica di interdisciplinarità dell’informatica umanistica, fra gli esperti del settore sono compresi ricercatori e docenti delle discipline umanistiche (storia, filosofia, linguistica, letteratura, arte) e di linguistica computazionale, specialisti e studiosi di editoria elettronica, produzione multimediale, grafica e analisi di dati.
L’obiettivo di molti ricercatori nell’informatica umanistica è quello di integrare la tecnologia nelle proprie attività didattiche”.
Semplicemente perché può avere infinite ‘declinazioni’ – tante sono le discipline nelle quali può essere implementata. E’ una ‘disciplina’ in progress – è un fantastico e utile campo di Ricerca.
E’ consolidata, negli ambienti universitari. Lo studente del Conservatorio è escluso da questo, mentre sarebbe utile come una materia ‘trasversale’ al pari di Teoria e solfeggio, Teoria e analisi, Storia della musica, terreni elettivi di applicazione ed esercitazione. Utilizzo consapevole della Tecnologia, anche per autopromuoversi.
Vi è inoltre oggi qualcosa che spesso è in grado di offrire posti di lavoro: si tratta delle cosidette “doppie competenze” – terreno che il Conservatorio dovrebbe coltivare.
Informatici che conoscono la Musica – e Musicisti che conoscono l’Informatica rappresentano un settore che il Conservatorio di Milano sarebbe particolarmente adatto a produrre, in virtù anche della Convenzione stipulata con UniMi, ma rimasta ‘lettera morta’.
I Conservatori sono “organismi” del tutto inadatti a vivere nel mondo d’oggi: qualsiasi organismo che non si trasforma è destinato a perire. I Conservatori stanno “regalando” una infinità di Corsi che potrebbero tenere al meglio, a ‘entità private’. Questa è una opportunità per iniziare ad ‘aprirsi’.
Informatica Umanistico-Musicale – nelle mie intenzioni
COSA E’
Qualcosa di ‘vivo’ e ‘in progress’ – nulla di noisamente ‘akkademico’ – agile ed elastico, adattabile anche alle singole esigenze dello studente.
In Conservatorio c’è tutto da sperimentare, e ‘muffa’ da levare…
Qualcosa che possa ‘aprire la testa’ agli studenti – metodo – secondo Morin: “Meglio una testa ben fatta che una testa ben piena”.
La ricerca e la validazione di “materiali” forniti dalla Rete, il loro consapevole utilizzo a diversi fini, dallo studio, alla redazione di Tesi.
E’ un corso nel quale si impara anche a “scrivere” in italiano, in relazione al fine e/o al mezzo utilizzato (da una Tesina a un Blog) anche a fini di Comunicazione.
E’ un corso nel quale si apprende cosa sia il concetto di ‘convergenza’ digitale, come abbia cambiato le nostre vite, cosa abbia reso possibile, e ad utilizzarlo consapevolmente.
Il territorio di esercitazione ideale è per il Conservatorio la Teoria e analisi Musicale e la Storia della Musica, con la Musicologia.
E’ un laboratorio nel quale si “impara facendo” – Laboratorio – anche mediante la realizzazione di Tesine e Tesi – sotto il mio “tutoraggio”.
E’ un terreno fecondissimo di contaminazioni e ricerca: basti pensare la realizzazione di Tesine “incrociando” le Neuroscienze e la Percezione Musicale, con realizzazioni ‘Multimediali’…
COSA NON E’
Non è un corso di ‘alfabetizzazione informatica’- servirebbe un corso apposito.
Non si occupa di archivi e digitalizzazione di archivi – servirebbe un corso apposito – magari nell’ambito della Convenzione con UniMI
Non si occupa di linguaggi di programmazione (se non per qualche bussola orientativa storico-culturale) – servirebbe un corso apposito – magari nell’ambito della Convenzione con UniMI.
Ho ipotizzato la Materia, acronimo, IUM in un Anno Sabbatico – 2006 – come intersezione-sovrapposizione tra la Informatica Umanistica e quella Musicale – qualcosa di pensato per le necessità del Conservatorio di oggi – la cui sintesi dalla Relazione completa si trova qui:
http://www.initlabor.net/cantiere/jmp-ium.html
Un estratto ‘adattato’ dalla pagina in Rete:
Approntare scenari:
Il livello di conoscenze [musicali, per non dire di informatica di base] negli alunni del Conservatorio appare “non eccelso”, con rare eccezioni: in genere non sono in grado di ‘cercare’ [neppure in biblioteca], ‘valutare’ le fonti e poi realizzare una ricerca-tesina nei modi necessari oggi. Cosa non solo utile ma anche necessaria anche ai fini della attività lavorativa. Il livello di Cultura musicale è desolatamente basso: NON ascoltano musica, né in privato né in Conservatorio [oppure usano auricolari ed MP3]; per cui urgerebbe un lavoro organico mediante ascolti, nell’istituzione, in primis delle composizioni analizzate, con raffronti tra diverse interpretazioni relate al contenuto musicale individuato, [anche - forse soprattutto] all’interno della mia materia.
Un punto fondamentale oggi, in evidente dipendenza dalle possibilità tecnologiche e dalla sterminata massa di informazione disponibile, è organizzare la Conoscenza, assieme all’apprendere strumenti di studio e di ricerca [più Metodo che Merito] che confluiscano operativamente [anche nelle modalità degli esami] in capacità espressivo-comunicative adeguate utilizzabili nel contesto della futura vita lavorativa.
Il tutto supportato da un Laboratorio: sapere-fare-saper fare [Luca Toschi]
Cantiere:
• Organizzare la Conoscenza [quale 'ipertestualità' ? concetto e storia della medesima].
• Scrittura testuale [realizzazione Tesine-Tesi-Ricerche]
• Realizzazione di Tesi e Tesine multimediali.
• Strumenti per la condivisione [CmapTool - Wiki - Mailing list]
• Strumenti di ricerca [motori di ricerca - risorse in Rete - Biblioteconomia]
• Ricerca della musica – MIR [Music Information Retrieval
• Strumenti di consapevolezza [validazione risorse]
• Strumenti di espressione [come si scrive - come si comunica - basi del web]
• Strumenti di produzione [applicativi e integrazione dei medesimi]
• Strumenti per la ‘Rappresentazione della Conoscenza’
• Strumenti per la classificazione della Conoscenza – AI – Architettura dell’informazione
• Strumenti per lo studio
• Editing audio e video livello basico.
• E’ anche un Laboratorio.
• E’ anche ‘Tutoraggio tesi’.
E’ soprattutto un Work in Progress…
…
…
…
Lasciamo parlare gli studenti:
questo ‘Manifesto’ (detto ‘dei Triennalisti americani’) è segnalato da importanti siti italiani dedicati alla Materia – qui l’originale:
Il manifesto
Joanne Maria Pini – Di cosa stiamo parlando – aprile 2012Siamo un gruppo di quattordici studenti laureati alla Bloomsburg University of Pennsylvania, iscritti ad un corso avanzato – introduzione all’umanistica digitale.
Come nostro esame finale, in accordo coi temi che abbiamo studiato, siamo stati ispirati – e fortunatamente incoraggiati e autorizzati – a stilare la bozza di un manifesto, per il progetto 4Humanities.L’UMANISTICA DIGITALE CI HA CAMBIATO
Noi crediamo che insegnare l’umanistica digitale nei corsi di laurea inferiori sia veramente importante. I laureati delle università di oggi fanno parte di una unica, nuova generazione. Tutti i giorni siamo immersi in questo nuovo clima, circondati dalla digitalizzazione del mondo, e tuttora la maggior parte degli studenti probabilmente sa molto poco degli studi attuali dell’umanistica digitale.
Sta venendo fatto così poco per integrare la tecnologia nelle nuove pratiche pedagogiche. Insegnare l’umanistica digitale agli studenti universitari può portare grandi benefici poiché dà una visione non solo sulle scienze umanistiche ma anche sul modo in cui la tecnologia ha cambiato il nostro mondo e sulla maniera in cui noi possiamo cambiare con lui. Sebbene non necessariamente che lo studio dell’umanistica digitale trasformerà gli studenti in eruditi studiosi, lo stesso potrà spronarli a rendere il loro lavoro un po’ più proficuo.
Lo studio umanistico è una forma d’arte, e se questo non è trasmesso alla prossimo generazione, utilizzando i nuovi strumenti cui ci siamo abituati e che possono essere usati facilmente, questa forma d’arte andrà perduta.
Come una delle poche classi di umanistica digitale dei corsi di laurea, noi riteniamo che tutti gli studenti necessito di avere la possibilità di fare questa esperienza e di mostrare alla comunità degli umanisti digitali il contributo che possiamo apportare. L’insegnamento dell’umanistica digitale agli studenti apre un mondo di innovazione che migliorerà gli studi umanistici.
(Traduzione italiana a cura di Alberto Beretta)
Manifesto delle Digital Humanities
26 mars 2011 – (Marin Dacos)
Contesto
Noi, attori o osservatori delle Digital Humanities, ci siamo riuniti a Parigi in occasione del THATCamp dal 18 al 19 maggio 2010.
Nel corso di queste due giornate abbiamo discusso, dibattuto, riflettuto insieme su ciò che sono le Digital Humanities (Umanistica Digitale) e abbiamo tentato d’immaginare e d’inventare quello che potrebbero diventare in futuro. A conclusione di queste due giornate, che rappresentano solo una delle prime tappe di un percorso, proponiamo alle comunità di ricerca e a tutti coloro che partecipano alla creazione, alla pubblicazione, alla valorizzazione o alla conservazione dei saperi un manifesto delle Digital Humanities.I. Definizione
1. La svolta digitale della società esplora e modifica le condizioni di produzione e di diffusione dei saperi.
2. Secondo noi, le Digital Humanities riguardano l’insieme delle Scienze umane e sociali, delle Arti e delle Lettere. Le Digital Humanities non fannotabula rasa del passato.
Si appoggiano, al contrario, sull’insieme dei paradigmi, dei saperi e delle conoscenze proprie di queste discipline, mobilitando gli strumenti e le prospettive peculiari del digitale.3. Le Digital Humanities designano una “interdisciplina” che include metodi, dispositivi e prospettive euristiche legate al digitale nel campo delle Scienze umane e sociali.
II. Situazione
4. Constatiamo:
- che da mezzo secolo a questa parte si sono moltiplicate le sperimentazioni digitali nel campo delle Scienze umane e sociali digitali;
- che, negli ultimi tempi, sono apparsi dei centri di Digital Humanities, che sono tutti, attualmente, dei prototipi o dei luoghi d’applicazione specifica di un approccio metodologico delle Digital Humanities;
- che il digitale induce delle esigenze tecniche più forti e perciò delle implicazioni economiche per la ricerca; che questi vincoli sono un’opportunità per fare evolvere il lavoro collettivo;
- che esiste un certo numero di metodi sperimentati, ma che essi non sono conosciuti e condivisi allo stesso modo da tutti;
- che esistono diverse comunità particolari nate dall’interesse per pratiche, strumenti o oggetti trasversali (codifica delle fonti testuali, sistemi d’informazione geografica, lessicometria, digitalizzazione del patrimonio culturale, scientifico e tecnico, cartografia del web, ispezione dei dati, 3D, archivi orali, arti e letterature digitali e ipermediatiche, etc.) e che queste comunità stanno formando il campo delle Digital Humanities.III. Dichiarazione
5. Noi, attori delle Digital Humanities, costituiamo una comunità di pratica ad accesso libero, che agisce in modo solidale, aperto e accogliente.
6. Siamo una comunità senza confini. Siamo una comunità multilingue e multidisciplinare.
7. Abbiamo come obiettivo il progresso della conoscenza, il rafforzamento della qualità della ricerca nelle nostre discipline, e l’arricchimento del sapere e del patrimonio collettivo, anche al di là della sfera accademica.
8. Invochiamo l’integrazione della cultura digitale nella definizione della cultura generale del XXI secolo.IV. Orientamenti
9. Lanciamo un appello per il libero accesso ai dati e ai metadati. Questi ultimi devono essere documentati e interoperabili sia tecnicamente che concettualmente.
10. Siamo favorevoli alla diffusione, alla circolazione e al libero arricchimento dei metodi, del codice, dei formati e dei risultati della ricerca.
11. Facciamo appello per l’inserimento della formazione in Digital Humanities nell’ambito delle Scienze umane e sociali, nelle Arti e nelle Lettere.
Invochiamo allo stesso tempo la nascita di titoli accademici specifici per le Digital Humanities e lo sviluppo di formazioni professionali ad essi dedicate.
Auspichiamo, infine, che queste competenze siano prese in considerazione nel reclutamento professionale e nell’evoluzione delle carriere.
12. Ci impegniamo a costruire un vocabolario comune e una competenza collettiva grazie alla collaborazione di tutti gli attori. Tale competenza collettiva aspira a diventare un bene comune. Costituisce un’opportunità scientifica, ma anche un’opportunità d’inserimento professionale, in tutti i settori.
13. Ci auguriamo di partecipare alla definizione e alla diffusione di buone pratiche scaturite dal dibattito e dal consenso delle comunità coinvolte; tali pratiche corrispondono a dei bisogni disciplinari e interdisciplinari riconosciuti e devono poter evolvere. L’apertura fondamentale delle Digital Humanitiesassicura un approccio pragmatico di protocolli e di visioni, che mantengono il diritto alla coesistenza di metodi diversi e concorrenti per favorire l’arricchimento della riflessione e delle pratiche.
14. Facciamo appello alla costruzione di ciberinfrastrutture evolutive che rispondano a bisogni reali.
Queste ciberinfrastrutture si costruiranno in modo iterativo e saranno basate sull’identificazione di metodi ed approcci sperimentati ed approvati dalle comunità di ricerca.(Traduzione a cura di Daniela Seidita)
Pubblicato in : THATCamp Paris 2010, Digital humanities, Manifeste des Digital humanities